30 Anni di Sguardi Elettrici
La festa per i 30 anni di Cidiesse è stata una giornata importante di confronto e di dialogo di cui vogliamo fare tesoro per continuare giorno dopo giorno a far il nostro lavoro al meglio!
Condividiamo l'intervento integrale del Presidente Antonio Baldissarri in occasione dell'evento "30 anni di Sguardi Elettrici"
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Per me è un momento di grande emozione perché mi ritrovo a ripercorrere con la memoria un percorso che riguarda metà della mia vita, negli anni 80 le esperienze di volontariato hanno destato in me la voglia di dare di più del poco tempo libero a disposizione. Proprio in quegli anni il cardinal Martini invitava a farsi prossimo in maniera concreta per dare risposte ai bisogni reali dei territori. Di qui l’idea di intraprendere un’attività lavorativa che coniugasse lavoro e solidarietà. In questa avventura ho coinvolto un bel gruppo di amici che con passione ha messo a disposizione competenze, risorse e soprattutto entusiasmo. Questi ingredienti ci hanno permesso di partire con un progetto concreto centrato sul dare una reale opportunità di reinserimento lavorativo a persone con trascorsi di dipendenza, che ai tempi era un problema emergente.
Determinante fu la disponibilità della parrocchia di S. Croce che mise a disposizione i locali dove insediare il laboratorio produttivo, fu per allora un gesto profetico, una parrocchia apriva le porte per accogliere tossicodipendenti e sieropositivi.
Eravamo un gruppo di persone che credevano fermamente che il lavoro, inteso come il costruire con altri il benessere per sé e per la collettività, è una dimensione centrale della vita, e ancora ci crediamo, su questi concetti abbiamo basato per 30 anni la nostra mission, e siamo sempre più convinti, di come sia profondamente significativa l’esperienza del lavoro vissuto come “valore”, in particolare per le persone con problemi di disagio sociale e personale.
Questa è la nostra mission: “motivare i ragazzi al lavoro” e dar loro gli “strumenti relazionali e tecnici” per entrare a testa alta in quel mondo senza correre il rischio di soccombere alle prime esperienze.
Per realizzare questi obiettivi ci siamo costituiti in cooperativa sociale, la forma societaria più adatta e più vitale per rispondere ai bisogni di lavoro delle fasce deboli della popolazione e, come tutte le cooperative sociali, siamo stati catalizzatori di risorse umane, sociali ed imprenditoriali che opportunamente gestite hanno dato vita ad un progetto con caratteristiche, per l’epoca, innovative.
In Cidiesse si impara un “lavoro tecnico”; progettiamo e produciamo quadri elettrici per l’automazione industriale che i nostri clienti esportano in tutto il mondo, si imparano competenze da operaio specializzato, con le quali il lavoratore acquisisce una buona spendibilità nel mercato del lavoro.
Ma la centralità del nostro intervento è comunque la “relazione”, è “l’attenzione alla persona”, è l’interesse per la sua storia e per la sua situazione sociale e famigliare;
Per i nostri ragazzi il lavoro costituisce una sorta di “terapia”, che ha lo scopo di catalizzare e riconvertire le risorse esistenti e di far emergere quelle latenti e mai espresse, una terapia che si basa sull'offerta di una vera esperienza lavorativa e non un laboratorio formativo protetto; e su una assunzione regolare fin dai primi mesi e non un eterno tirocinio.
Caratteristica fondante di Cidiesse è anche quella di essere sempre attenti ai bisogni del territorio. Abbiamo iniziato nell’89 sul bisogno di reinserimento sociale degli ex tossicodipendenti quando le comunità non erano ancora attrezzate con strutture e percorsi di reinserimento.
Da allora molte cose sono cambiate, siamo cresciuti in qualità, consolidando di anno in anno un metodo di lavoro che oggi viene apprezzato dagli operatori dei servizi sociali, ma soprattutto dai datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato i ragazzi che si formano in Cidiesse.
Il cambiamento più significativo è stato nel target di utenti accolti nei nostri percorsi. Dal 2011 ci occupiamo prevalentemente di ragazzi minori sottoposti a provvedimenti penali e minori stranieri non accompagnati. La scelta è stata dettata dalla lettura attenta del contesto sociale della nostra città che in quel momento presentava come problematiche emergenti i fenomeni di bullismo legato alle bande di quartiere e l’accoglienza di un numero crescete di minori stranieri.
Le prime esperienze con i minori sono state possibili grazie alla collaborazione, iniziale con Sead e con alcune comunità, abbiamo potuto, gradualmente sperimentare l’efficacia dei nostri progetti e del nostro metodo con i primi ragazzi assunti.
Il nostro metodo del fare concreto insieme è infatti la chiave del cambiamento per i ragazzi. Qui dentro si misurano con il fare. Si misurano con se stessi, con le proprie risorse, tirando fuori il meglio di sé.
Il nostro metodo, fatto di relazione autentica con loro, anche se in un contenitore formale quale il rapporto di lavoro, giova non solo alla loro crescita professionale ma più complessivamente ad un arricchimento umano personale utile nella vita sociale, a prescindere dal lavoro che andranno a svolgere.
Dopo il consolidamento del metodo, validato dai risultati ottenuti, ci siamo dati l’obiettivo di potenziare la struttura per poter dare l’opportunità a un numero maggiore di ragazzi di seguire il percorso in Cidiesse. Nel 2011 grazie alla LR 8 che finanziava un progetto sui minori gestito da Claudio Nizzetto di ENAIP, abbiamo avuto la possibilità di entrare compiutamente nella rete dei servizi per i minori integrando così la nostra risorsa con quelle pubbliche e private del territorio.
E’ in questo contesto che nasce il progetto “dal bullo al bullone”.
Uno titolo che rende bene l’idea, del prendere dalla strada i ragazzi per accompagnarli verso il lavoro, un progetto pensato per triplicare la ricettività di Cidiesse, portare quindi le postazioni lavorative disponibili dalle 5 dell’epoca a 15, e nello stesso tempo, anche su stimolo diretto di don Gino Rigoldi, portare Cidiesse anche nell’istituto Beccaria per offrire opportunità di lavoro anche ai ragazzi detenuti.
Il progetto prevedeva quindi l’apertura di due nuovi laboratori uno, appunto nell’istituto e uno più grande sul territorio. Grazie ai primi finanziamenti ottenuti da Cariplo e Comune di Milano abbiamo realizzato il laboratorio in Beccaria dove nel 2013 ha preso avvio l’attività lavorativa.
Significativa la collocazione di questo laboratorio che è stato realizzato dove c’erano le celle d’isolamento quindi nel posto dove si attuava la massima espressione della chiusura. Ora nello stesso luogo si attua l’espressione della massima apertura verso l’esterno, apertura che si concretizza nel concetto di transizione ovvero la continuità di progetto tra il dentro ed il fuori. I ragazzi detenuti inseriti in Cidiesse, dopo un breve periodo di ambientamento o tirocinio, vengono infatti assunti. Il rapporto con Cidiesse continua così anche a fine pena o nel caso di ottenimento dell’art. 21 esterno.
I ragazzi, il giorno dopo la scarcerazione, continuano il lavoro in questo laboratorio senza soluzione di continuità fino al completamento del loro percorso di apprendimento.
In questo modo i ragazzi non si trovano da un giorno all’altro in strada, spesso nello stesso contesto che ha favorito atti devianti e reati, ma si trovano per 9 ore al giorno in un ambito accogliente che li impegna in un lavoro tecnico che gli occupa la testa e che li inizia ad una vita regolare.
Iniziamo quindi con i ragazzi il lento cambio di identità integrandoci con i servizi educativi esistenti in istituto, ma lo completiamo fuori in questo laboratorio.
Per almeno un anno i ragazzi completano la loro formazione lavorativa. Al termine quando hanno raggiunto un buon livello di autonomia, li accompagniamo alla ricerca del lavoro in aziende esterne. I risultati sono stati fin ora molto buoni, quasi il 90% dei ragazzi che concludono il percorso trovano lavoro e la recidiva in reato scende dal 70 % a sotto il 10%.
Per fare questo mettiamo in campo tre ambiti essenziali:
il laboratorio, è la nostra palestra, è il cuore dell’attività produttiva
la base dell’apprendimento del mestiere
è l’allenamento quotidiano a diventare operai specializzati
lavorando, affinando tecniche e manualità
i nostri operai sono gli allenatori
l’ufficio tecnico è il presidio tecnologico dell’attività
è il custode del sapere tecnico
è il modello di eccellenza per i ragazzi
è il garante della qualità del lavoro
l’equipe educativa è la garanzia dei progetti educativi personalizzati
gli operatori sono i motivatori dei ragazzi
e si prendono cura di loro
costruiscono insieme competenze e identità
tengono i rapporti con i servizi sociali perché la rete è fondamentale per la riuscita dei progetti
Grazie a questa impostazione i ragazzi cambiano davvero, e questo ci gratifica e ci convince sempre di più, della necessità di sviluppare ulteriormente il progetto.
Molti dei ragazzi infatti presentano una identità deviante non ancora consolidata, non ancora definitiva, attraverso i nostri percorsi riescono a maturare un’identità diversa più conforme alla vita sociale integrata.
Ricordo uno dei primi ragazzi assunti, veniva da una famiglia legata alla criminalità organizzatala, la sua presunta identità si intuiva da due grossi tatuaggi che aveva sulle braccia, “i love Calabria” e “onora il padre e la madre”. Valori di per sé buoni, l’amore per la propria terra e per la famiglia, ma che in quel contesto, assumevano certo un altro significato.
Era il più piccolo di 4 fratelli tutti pregiudicati ma traspariva dal suo sguardo la voglia di essere un ragazzo normale, al quale andava stretta la vita e la carriera deviante che gli si prospettava nel suo ambiente.
Abbiamo lavorato per più di due anni su questa sua voglia di normalità, e ha intrapreso una carriera lavorativa normale.
Questo è solo uno degli esempi che ci fa capire che è possibile, e tanti altri ne avremmo da raccontare, ed è questa la vera scommessa di Cidiesse, dare professionalità e strumenti di maturazione e consapevolezza che aiutino i ragazzi a diventare, non solo dei bravi lavoratori, ma dei buoni cittadini e uomini che sanno di valere positivamente per sé e per la comunità, quindi con una nuova identità.
Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno di tante persone che in questi anni hanno dato tempo, risorse, competenze, nella convinzione che ogni ragazzo può davvero ripartire per nuove strade, nessuno di loro è perduto per sempre.
Ringrazio quindi tutti gli attori di questa avventura, soci lavoratori, consulenti e volontari, finanziatori, in particolare per quest’ultima fase del progetto, fondazione Vismara, fondazione san Zeno e Fondazione Cariplo che hanno permesso la realizzazione di questa struttura.
Ringrazio le istituzioni ed in particolare gli operatori dei servizi sociali e degli enti nostri partner senza i quali non sarebbe possibile portare i nostri ragazzi al successo, è la rete che vince, sono le sinergie tra soggetti e competenze diverse che danno i risultati migliori. È la disponibilità all’accoglienza e la tensione educativa che ci fa mettere al centro il bisogno dei ragazzi e non le nostre proiezioni su di loro, cosi come molto efficacemente ci dice una frase di Ghoete:
“Trattate le persone come se fossero ciò che dovrebbero essere e aiutatele a diventare ciò che sono capaci di essere” noi cerchiamo di farlo a viso aperto guardando in faccia i ragazzi ad uno ad uno, perché dallo sguardo sincero autentico di disponibilità e serenità si aprano per loro sguardi sorridenti sul loro futuro.
Mi auguro che questo evento possa essere per tutti noi uno spazio di riflessione su temi che riteniamo importanti, temi che incidono sulla vita quotidiana dei cittadini nei nostri quartieri. Temi quali il lavoro, l’emarginazione, l’integrazione e la responsabilità sociale, e non ultime legalità e sicurezza.
Antonio Baldissarri